ANDREA 40 – Al quarantesimo giorno di quarantena ho messo a fuoco qual è la cosa che più di tutte mi genera frustrazione: l’incertezza. Quella terra di mezzo tra il rammarico di cose che non sono avvenute e la realtà di quelle che hanno assunto contorni definiti. Ma non è solo questo per me: incertezza è anche quella sensazione di sospensione in un limbo, quell’operatività che si risolve in “le cose che faccio nel frattempo”, aspettando che qualcosa arrivi. Avete presente quando arrivate in aeroporto tanto prima di partire? Tra voi e il prossimo passo da compiere c’è del tempo non pianificato, in cui, appunto, fate le cose per far passare quel tempo: un giro inutile tra negozi sapendo che non comprerete nulla, un caffè al bar, perché è un buon modo per far passare 5 minuti senza spendere tanto, una chiamata a quell’amico che non sentite da un po’ e che considerate solo nel tempo in più. Ecco: da quaranta giorni siamo in aeroporto e sullo schermo delle partenze c’è una grossa scritta accanto a quella del nostro volo: “Delayed” (in ritardo), ma senza sapere quanto. Non sappiamo quando partire e in fin dei conti gli ingredienti che stiamo usando (per ritornare al discorso di ieri) valgono in aeroporto, cioè in casa, ma non sappiamo quali usare per riprendere il nostro volo. Saremo mascherati? Faremo le vacanze in plexiglass? Avremo ancora un lavoro e persone disposte a investire nei servizi che offrivamo prima? C’è poi un terzo aspetto dell’incertezza, quello che mi ha sempre messo in difficoltà. Che è l’attesa. Ho capito di soffrirla da adolescente, quando non vedevo l’ora che il tempo passasse per diventare grande o almeno un po’ più alto per non essere più considerato un bambino delle medie a 15 anni. E poi ho continuato a soffrirla quando dovevo ricevere le prime risposte ai colloqui di lavoro ed ero sempre tentato di mandare quelle mail stupide alle risorse umane delle aziende del tipo: “Salve, in questi giorni ho avuto problemi con la posta elettronica… Non è che per caso mi avete scritto ed io ho perso l’occasione della vita?”. Oggi sono in attesa, siamo in attesa e l’incertezza non mi fa dormire.
MIRIAM 40 – Tu parli di incertezza, di attesa, caro Andre. Io, per quanto ti possa sembrare assurdo, non riesco ad associare nessuno dei due termini a questo momento, e il perché è presto detto. Sono vent’anni che faccio l’attrice e, esclusi gli ultimi tempi in cui sono parte di un cast che lavora quotidianamente (cosa per di più rarissima per il nostro mestiere), due terzi della mia vita lavorativa l’ho passata a saltellare proprio tra queste due parole. Sempre con il dubbio che, all’applauso finale, alla frase “miriam candurro ha finito il film”, potesse seguire un momento, non meglio definito in termini di tempo e luogo, di enorme incertezza e infinita attesa. All’inizio passavano anche sette, otto, dieci mesi prima di iniziare un nuovo set, prima di vivere nei panni di un’altra donna, raccontare una nuova storia. E in quei mesi io impazzivo, perché non potevo mettere fuori le mie emozioni come sapevo. Però, probabilmente, imparavo a gestire quelle mie due compagne di viaggio, a conoscerle, a non temerle ma piuttosto a trarre da loro il miglior beneficio possibile. Quello che in molti stanno imparando sulla loro pelle, all’improvviso, in quaranta giorni, io l’ho conosciuto, metabolizzato, gestito, in vent’anni. E allora ti dico qual è l’immagine che invece viene in mente a me, se devo guardare a questo periodo. Non è un aeroporto in attesa di un aereo in ritardo, ma è il viaggio dell’aereo sull’Oceano. Quelle ore in cui sotto, sopra, attorno a te c’è solo l’azzurro, non sei più in Europa ma non sei ancora in America. Occupi il tempo, vedi film, riorganizzi la galleria delle foto del cell, immagini come sarà quando metterai piede fuori dall’aereo. Senti quel fremito di paura al pensiero che sei sospeso nell’aria, e che potrebbe succedere qualcosa, ma proietti i tuoi pensieri verso l’atterraggio. Ecco, io mi sento in viaggio, emozionata all’idea che tra poco toccherò terra. Una Terra nuova, della quale so poco, ma nella quale, sono certa, imparerò ad adattarmi alla velocità della luce.
Come vorrei che molte cose si fossero definite prima di tutto questo blocco..avrei voluto chiudere determinate esperienze lavorative per non ritrovarmi piu’ coinvolta in schemi e persone che di rispetto non sanno nulla e nemmeno questa epidemia li ha cambiati..forse magari li ha incattiviti ancora di piu’ muovendosi secondo le vecchie logiche legate al produrre a tutti i costi a discapito di tutto e tutti e al servizio del loro unico dio ” il dio denaro”..auspicavo che molte cose data la triste e particolare situazione che stiamo vivendo un po’ tutti avesse toccato e dato finalmente una svolta a tutto questo, ma per molti purtroppo non e’ cosi..si continua secondo i vecchi schemi non curanti del fatto molte cose sono cambiate magari non rendendomene conto hanno cambiato anche me o una parte di me che non tollera piu’ tutto questo e vorrebbe magari trovare la propria strada , una strada si in salita ma che abbia il sapore della libertà…mi auguro di trovare la forza e il coraggio di rincorrere i miei sogni prima che sia troppo tardi…
scusate lo sfogo , purtroppo queste ultime sono state giornate no ,ma spero che presto tutti noi al di là di questi giorni in cui si cerca anche di trovare il modo di trascorrere del tempo in maniera piacevole, riflettendo o trovando nuovi spunti per rinnovarsi si ritrovi cambiato in meglio e abbia ritrovato quella forza in se per dare una svolta e ritrovare un po’ di se stessi …chissa’
buon pomeriggio a tutti e buon sabato 🙂
Buon pomeriggio a tutti..
Quando penso all’incertezza, mi vengono in mente tante cose e mi sento così ogni tanto.
Più passano i giorni e più ho un pò di paura..Paura che tutta questo possa durare più a lungo.
Io mi sento come se fossi in una grande bolla, nella quale non c’è nessuna porta che mi permetta di uscire. In questa bolla, guardo il mondo che se ne sta fermo senza fare nulla. Vedo solo poche persone che escono e io grido di stare nelle loro case, che in quella bolla non ci voglio stare. Non so come abbiano fatto loro ad uscire dalle loro bolle, se le hanno bucate o, se, nelle loro bolle ci fosse una porta.
Sento di stare in questa bolla da 40 giorni.40 giorni fatti di ansia e di paura. E l’incertezza che tutto questo non possa finire presto. In questi 40 giorni ho perso tante abitudini,dato che non posso farle.
Ma, in realtà, le ho messe solo da parte. Perchè sono certo che tutto questo finisce presto.
E allora, me ne sto buono dentro alla mia bolla in attesa di essere libero del tutto!!
Perchè sono certo che torneremo ad essere liberi e ci adatteremo, di nuovo, alla nostra vita di prima.
Ciao Miry, ciao Andrea. L’incertezza è stata l’oggetto della mia riflessione che mi ha tolto un po’ di sonno la scorsa notte e fatto scrivere ieri mattina sul mio blog un lungo pensiero che mi fa piacere condividere con voi (ero convinta di averlo fatto ieri sera, ma devo aver sbagliato qualcosa 🤪) Un saluto a tutti i compagni di questo lungo e comodo divano 😘😘😘
L’incertezza è il sentimento peggiore, più ancora della paura, una paura fottuta, ma comprensibile, condivisibile, incontrollabile. Ci impariamo a convivere e lei resta lì, sepolta in un angolo della nostra anima, finché un giorno all’improvviso suona come un campanello d’allarme e ci sveglia di soprassalto come se fossimo in un brutto sogno. L’incertezza è un incubo, un incubo ad occhi aperti che in un solo colpo ha scandito i tempi delle nostre giornate come i rintocchi di un orologio, limitato i nostri spazi come se fossimo chiusi in gabbia, ridisegnato i nostri percorsi, cambiato le nostre priorità. Il presente che eravamo abituati ad organizzare nei minimi dettagli in una frenetica corsa contro il tempo e un futuro su cui fantasticare, come un itinerario da pianificare fatto di progetti e obiettivi da raggiungere, messi in pausa da una brusca frenata per non andare a sbattere contro un ostacolo che sembra insormontabile. Il senso di precarietà, il non sapere che nemico abbiamo di fronte, la ricerca spasmodica di conferme, le risposte che nessuno è in grado di dare alle domande che ci attanagliano, i nostri pensieri che come se fossimo in un frullatore, non smettono di girarci nella testa, il terreno che ci frana sotto i piedi e i nostri punti fermi che vacillano, ma non si spostano mai, perché siamo noi a girargli intorno. Noi, come equilibristi in bilico sulla corda, in balia di un’altalena di emozioni contrastanti e curve di dati per noi incomprensibili, indecifrabili. Dati che non sono solo numeri, ma persone, persone senza casa, persone strappate alla famiglia e senza la possibilità di dirle addio. La casa è la nostra unica bussola. È bello tornare a casa, è bello restare a casa e sapere che c’è qualcuno ad aspettarti, qualcuno che cerca protezione sotto lo stesso tetto, è bello sentirsi al sicuro anche senza essere stretti tra le braccia di qualcuno, è bello scoprire che tutto quello che conta davvero per noi è protetto da quelle quattro mura. Mura dalle quali troppo spesso siamo scappati e che adesso sono il nostro porto sicuro per ripararci dalla tempesta. Possiamo renderle belle e accoglienti, accudire la nostra famiglia, vivere questa “nuova normalità” insieme e a fine giornata affacciarci ai balconi e scoprire che non siamo soli, anche se a distanza di sicurezza. Siamo una comunità, unita, compatta, siamo tutti sotto lo stesso cielo, un cielo limpido, respiriamo aria pulita mentre fuori è primavera e il sole sorge in barba al virus. Possiamo assaporare la lentezza, sentire il rumore del silenzio e non quello della vita che corre via come un treno senza che noi riusciamo a salirci a bordo. Durante questa convivenza forzata ci viene concessa “L’ora d’aria”, una boccata d’aria che oggi ci sembra l’unico legame con la nostra vecchia vita, una vita apparentemente perfetta, ma che forse non lo era poi così tanto. Adesso ci sembra di vivere la vita di qualcun altro, come se stessimo recitando un copione, protagonisti di uno di quei film di fantascienza dove una catastrofe sta per abbattersi sul nostro pianeta. Il nostro mondo, quello che con tanta fatica ci siamo costruiti intorno come una corazza, ridotto in frantumi e insieme al nostro castello di carte, crollano anche le nostre barriere, lasciando spazio a tutte le nostre fragilità, alle nostre insicurezze. Per la prima volta siamo faccia a faccia con noi stessi, non indossiamo maschere e se quello che vediamo non ci piace, abbiamo finalmente la possibilità di cambiarlo. Non dobbiamo per forza essere forti, non dobbiamo per forza essere perfetti, non dobbiamo a tutti i costi arrivare primi. La strada è tutta in salita, perché quando si tocca il fondo si può solo risalire, quando si rischia di affogare, si può solo tornare a galla. Il traguardo è ancora lontano eppure noi stiamo imparando a goderci ogni tappa del viaggio. Prendiamo questa sosta come un’occasione per ricominciare, per imparare dagli errori del passato, per apprezzare quello che abbiamo senza più darlo per scontato, per dire a chi amiamo quanto è importante per noi e che gli vogliamo bene, ogni giorno, senza aspettare domani. Impariamo a lasciare alla natura gli spazi che si è faticosamente riconquistata, a cambiare rotta ad un destino che sembra già scritto, a remare tutti uniti nella stessa direzione alla scoperta di una terra nuova che abbiamo sempre avuto sotto gli occhi, ma mai saputo guardare davvero. La libertà è all’orizzonte, sta per uscire l’arcobaleno. L’Italia è lì fuori che ci aspetta, con la sua bandiera non più a mezz’asta, ma a testa alta.
QUARANTESIMO giorno di QUARANTENA, che triste assonanza.
Incertezza, attesa ed io aggiungo anche la paura, sono elementi estremamente destabilizzanti per il mio carattere, che ci vengono imposti da questa assurda situazione, elementi che mi tolgono il pavimento da sotto i piedi, che mi costringono a vivere una vita a metà, anzi ad un terzo, come se fossimo costretti a berci, anziché un caffè normale con il suo gusto inconfondibile, un caffè d’orzo e per giunta con la cannuccia, come se fossimo in attesa di riprendere una storia d’amore interrotta, che nel nostro caso è la nostra vita, non sapendo se, come e quando questa riprenderà, ma sapendo purtroppo con certezza, che di sicuro non sarà mai più come prima.
In questi giorni in TV continuano a passare il messaggio che quando riprenderemo, dovremo per forza portarci dietro una serie di precauzioni contronatura, come mascherine, guanti, liquidi disinfettanti, distanze di sicurezza da tenere dagli altri, ed una serie di altre cose che cambieranno la nostra vita in maniera devastante.
ALLORA IO MI DOMANDO:
Come potrei andare a trovare i miei genitori senza abbracciarli ? Come farò ad andare in piscina senza avere paura ? Come potrò frequentare il mio corso di ballo latinoamericano che è un ballo di coppia, tenendo le distanze o ballando con guanti e mascherina, disinfettandomi continuamente le mani, quando la bellezza di questo sport, sta proprio nella complicità, nel contatto, nello scambio di emozioni ed espressioni, come potrò ancora andare allo stadio, in discoteca a ballare, ad un concerto ad un ristorante a festeggiare un anniversario tenendo i miei cari in un tavolo ad un metro di distanza l’uno dall’altro ?
Tutto questo mi provoca un grande senso di ANGOSCIA, tutto questo è a mio modo di vedere accettabile, solo se concentrato in un ristretto arco di tempo, ma se dovesse diventare permanente, come sembra di capire dai TG, io di sicuro non sarei in grado di rispettarlo.
La mia testa si rifiuta categoricamente di accettare questa forma di “non vita”, come fossimo degli pseudo vampiri, costretti a vivere indossando una “camicia di forza” che ti toglie OGNI SAPORE del vivere normale, esattamente come fa questo LURIDO MOSTRO che ci ha sconvolto la vita, in uno dei suoi sintomi caratteristici.
La vita ha senso se vissuta in diretto contatto con gli altri, altrimenti ci trasformiamo in fredde macchine senza cuore, l’impossibilità di vedere il viso delle persone mentre gli parli, di stringersi la mano per un saluto, di vedere gli altri sorridere è fuori da ogni logica, come potranno i nostri figli vivere la loro vita, scegliersi ed innamorarsi, senza guardarsi in viso, senza potersi toccare ed abbracciare, senza poter capire le reciproche espressioni, questo per me è qualcosa di inconcepibile ed inaccettabile.
Non voglio pensare a questo modello di vita senza senso, voglio AVERE FIDUCIA e credere che tutto questo PASSERA’, ci vorrà del tempo ma tutto questo passerà e si tornerà alla normalità, magari grazie alla scoperta di un vaccino, voglio considerarla come l’ennesima prova che ci mette di fronte la nostra esistenza e che noi dobbiamo affrontare a muso duro e superare.
Io voglio tornare a vivere senza queste limitazioni e credo fortemente che alla fine questo succederà.
Buona giornata a tutti voi amici del Blog
La mia canzone di oggi parla di DISTANZE: Dire Straits, “So far away from me”
Sesto giorno di diario. Quasi una settimana in vostra compagnia. Una settimana fatta di spunti, riflessioni, consigli, condivisioni. Tutti noi abbiamo acquisito un briciolo in più di consapevolezza, secondo me, ognuno leggendo i pensieri dell’altro. Ci siamo presi a braccetto e abbiamo deciso di intraprendere questo nuovo viaggio insieme. Un viaggio che sarà ancora molto lungo. E durante il quale le nostre sicurezze verranno messe a dura prova.
Che bella la metafora del viaggio sull’Oceano Miriam, io non avrei saputo dirlo meglio. La vita dell’attore lo è. L’ho scoperto da quando ho iniziato ad entrare in un mondo meraviglioso che è il teatro. Sempre nuove avventure, nuovi personaggi. Io questo momento lo definisco come un momento di pausa momentanea, più che di vero e proprio stop.
Le incertezze. Andrea sono d’accordo anche con te, nessuno di noi è in grado ora come ora di prevedere cosa succederà la’ fuori, quando torneremo nella vita reale. È giusto, chi poteva pensarlo. Capisco che tutti proviamo emozioni contrastanti. Ci sono giorni in cui mi vesto, metto il mio profumo preferito riposto sullo scaffale nella mia camera, sistemo i capelli che ogni mattina ritrovo fuori posto, indosso le scarpe e mi dico.. ah già, devo stare a casa. Ma ti dirò, più che incertezza io penso all’unica certezza che ho. Che tutto questo finirà. È vero, non si quando, come, in che modo dovremo comportarci. Ma finirà. Si può capire ovviamente anche il momento di sconforto, in cui ci si può sentire persi. Ma io cerco sempre di far passare subito questa sensazione, la sostituisco con una nuova, la certezza di cui prima ti ho parlato. L’argomento di oggi è bello come tutti. Se lo si prende dal verso giusto.
Le incertezze ci sono state, ci sono e ci saranno sempre. Adesso ce ne sono ancora di più certo. Ma quello che mi chiedo, a cosa serve pensarci troppo? Si rischia di rimanerne invischiati dentro( ovviamente parlo sempre per me, perché io per primo ho passato questo periodo, ma non ora, in varie fasi della mia vita). Parlando di me, se torno indietro, le incertezze le avevo anche prima. Non come ora. Ma le avevo.
Il mio lavoro andrà bene? Avrò preparato questo personaggio a dovere? E se non mi prendono e faccio una brutta figura? Se non mi rinnovano il contratto come faccio? Se finiscono i soldi? Se ci pensate, le insicurezze fanno parte di noi. In momenti come questi semplicemente si moltiplicano. E se le lasciamo fare rischiano di controllarci.
Io mi dico come faremo dopo? Mascherine? Mi vestirò da Spiderman?( che poi neanche mi dispiacerebbe farlo). Semplicemente mi rispondo… e che ne so… io faccio quel che posso e parto dalle poche certezze che ho. Poche, magari solo una, ma le ho. Per il mio bene e quello di tutti, di chi mi sta vicino. Per non parlare poi dei dubbi! Chi non ne ha? Nessuno.
Per quanto riguarda l’attesa( altro tema proposto) si, mi ritengo anch’io in attesa. Miriam, tu hai detto che ti senti in attesa nel senso di viaggio, sull’Oceano, pronta a gioire ancora. Anche riguardo ciò quante volte nella vita ci siamo trovati a dover attendere qualcosa? Io centinaia di volte. Anche anni, si intende, per molti aspetti sono ancora in attesa di responsi. Nel frattempo, per usare il tuo termine, Andrea,cerco di trovare il miglior bagaglio possibile per quando questa lunga o corta attesa finirà. Tanto se mollo e mi lascio prendere dallo sconforto e dalle lacrime, mi sarò sfogato, si( e ci sta benissimo per carità), ma poi cosa sarà risolto?
Non è la vita stessa un viaggio arduo, imprevedibile e a volte anche tormentato? Vi dirò la mia metafora. Mi sento come in un videogioco. Un videogioco in cui devo affrontare un mondo che non conosco, livelli sempre più difficili. Man mano che vado avanti, crescono le difficoltà ma cresce anche la ma esperienza per poterle affrontare. Posso inciampare e cadere, ma poi arriva la fine… lo scontro con il boss. Perdo, perdo, perdo ancora.. e poi di colpo sferro l’arma vincente. In questo caso anche l’incertezza( sostituita con la certezza che posso farcela) e l’attesa( intesa come aspettare il momento giusto per colpire) possono fare la differenza in positivo.
Quando arriverà il momento di affrontare il nostro ” boss” della vita reale… che facciamo… ci facciamo trovare impreparati? Un boss che ha già sconfitto purtroppo molti di noi senza alcuna pietà? Ci arrendiamo così anche noi?
È difficile, una montagna da scalare. Ma abbiamo pur sempre( e meno male) i veri “supereroi” dalla nostra.. i medici, gli infermieri e tutti coloro che ogni giorno vanno avanti a testa alta e guardano in faccia il nemico.. con un’unica certezza( qui torna la parola).. la parola fine è ancora tutta da scrivere.
E poi questo diario stesso testimonia che ci crediamo ancora.. ci riuniamo per un solo obiettivo comune… un obiettivo chiamato vita. Creare questo blog è e rimarrà un successo. Il nostro cassetto segreto, dove addestrarci per bene.
Chapeau ad entrambi, Andrea e Miriam, e buon sabato!😊😎
Più che di incertezze, stamane sto semplicemente riflettendo… mi sono svegliata e ho buttato giù qualche libero pensiero …. ( Pensieri sparsi di una mattina qualunque in questa reclusione ) …… Fase 1 Fase 2 Fase in via di estinzione.
Questo virus ci ha privato di una cosa fondamentale: la nostra libertà.
Saremo dei “pupazzi” piegati da questo virus.
mascherine, guanti e plexiglass
Decessi, contagi, timori..
Molte persone ancora che escono nonostante i divieti e che pensano alle vacanze ed a come si potrà andare al mare o in montagna.
Privazione della libertà di circolazione, di movimento e di espressione. Chiusi in una Regione. Una mascherina che copre anche i nostri sorrisi. Tentativi sui farmaci per trovare un ipotetico vaccino. A campione test e tamponi, se sei fortunato.
Mascherine ancora inaccessibili o a prezzi esosi. Perplessamente schifata.
Un 2020 davvero di merda e pensare che prima avevamo tutto e persino ci si lamentava….. mah io sono davvero perplessa dove questo bastardo mostro ci sta conducendo …. per quanto ci contiamo a dire… “ ce la faremo” 💚💚💚💚💚💚💚.. buona giornata
Buongiorno a tutti. Credo di aver già espresso la mia sensazione, relativa a questi giorni: sospensione. Avevo “rubato” un immagine di Miriam, quella di un tuffo da uno scoglio alto. Ma mentre lei si vedeva scendere giù in acqua io dico che l’acqua ancora la dobbiamo toccare. E’ uno scoglio altissimo, tornare indietro non si può e quindi ci dobbiamo buttare. Andrea mi ha ricordato una cosa che faccio tutt’ora quando mi capita di inviare un curriculum, o quella passeggiata che faccio attorno alla macchina quando vai prendere una persona che ti piace e spacci per cavalleria il gesto dell’apertura della portiera. Attesa che si fa sempre più lunga e alla ripresa non sappiamo cosa sarà. Sarà banale, stupido, ma mi chiedo pure se riuscirò a farmi qualche bagno quest’estate, se riusciremo ad organizzare quella rassegna musicale a settembre per cui a febbraio con un collettivo di amici abbiamo gettato le basi, trovato un primo sponsor, presi i primi contatti.
Senza pensare poi alle preoccupazioni per il mio prossimo futuro lavorativo, per i concorsi che avevo in ballo per cui non so neanche cosa studiare, quali si faranno, quando si faranno.
Al momento mi sembra di reggere, di tener botta, non ho ripreso a fumare e non avete idea di come mi fumerei una sigaretta adesso, ma mi ricordo che sono in aria, sospeso, si spegnerebbe e la perderei nell’ impatto con l’acqua.
Voglio entrare in acqua e nuotare verso la riva, anche controcorrente
Anche a me le attese snervano e le incertezze mettono ansia. Questo periodo invece ci insegna ad aspettare delle certezze che non arrivano e che l’ingrediente con il quale vivere sto pasticcio è la pazienza. Ormai anche lei scarseggia come il lievito nei supermercati. Siamo bloccati in un giorno che dura da 40 giorni…tutti uguali e non si riesce, per il momento, ad andare avanti. Le incertezze che ci trasciniamo dietro spaventano tanto. Troppe cose sono saltate, il lavoro messo in pausa può diventare per tante persone solo un lontano ricordo. Un’altra grande incertezza è la scuola…chissà se e come ripartirà a settembre. La “trovata” del plexiglass sulle spiagge, ma poi il bagno si farà rispettando una fila come accade per la spesa? Mah.
Sembra essere arrivati ad un punto dove non si sa più cosa pensare, dove andare, cosa aspettarci. Io non riesco a proiettarmi all’atterraggio, alla meta. Da qui vedo solo nuvole, l’azzurro del cielo e del mare. Mi auguro solo che in questo tratto di viaggio, lungo o breve che sia, non ci siano ancora tante turbolenze da gestire perché siamo diventati dei piccoli frammenti elettrici che alla prima scossa possono scoppiare.
Stasera la tristezza e la malinconia hanno preso il sopravvento.
A domani ❤️
Ciao a tutti. Io invece in questa quarantena , mi sento di
viaggiare nel vuoto.Sono in attesa non so dove mi porterà la vita. Mentre aspetto faccio cose che non avevo mai fatto prima .A volte penso’: a quest’ora dovevo essere a scuola,a sport oppure con gli amici in giro per la città. Chissa se ritornerà tutto questo.
Ma la mia certezza è che la vita non mi deluderà, perchè io ho ancora tante cose da scoprire,imparare.
Eccola…alla fine è arrivata… ed è successo proprio in questo venerdì 17 dopo 40 giorni di quarantena… è arrivata e mi ha colpito forte e chiaro.
La Crisi.. Sapevo che prima o poi sarebbe successo anche a me…soprattutto dopo tutti questi giorni a contatto con la sofferenza.
L’incertezza di sapere come andrà a finire, come ne usciremo, quanto saremo cambiati ha fatto in modo che in me subentrasse una profonda malinconia ripensando a quello che ero (o meglio che eravamo) prima che tutto questo periodo iniziasse… E la malinconia genera pensieri che sono legati a tantissime persone che con me hanno vissuto attimi intensi di vita: mi manca il caffè con le amiche, il giro per il centro commerciale, il pranzo della domenica con i miei ( che ultimamente stavo disertando parecchio e che adesso invece mi manca da morire), la zia la domenica pomeriggio che, quando riesce, passa da casa a trovarmi, le cene con la mia amica compagna di grandi mangiate e il gelato quello buono del paese… E adesso invece il momento che maggiormente mi rigenera dopo la doccia a fine turno è quando salgo in macchina e finalmente posso togliermi la mascherina dalla bocca.
Perdonatemi ragazzi se questa sera insieme a voi su questo divano rosso lungo 1000 km io mi siedo in compagnia di qualche lacrima… Ho imparato, grazie al corso di specializzazione che sto facendo, ad ascoltare il dolore che provo, a lasciare uscire tutte le mie emozioni e non importa se oggi ho fatto una video chiamata con una cara amica completamente in lacrime, quello che conta (dentro di me io lo so, devo solo prenderne piena consapevolezza) è il mio sorriso quando la chiamata è finita.
In questo periodo pieno di incertezze, le mie amiche importanti sono l’unica certezza che ho.
Vi abbraccio forte, nonostante il velo di tristezza che questa sera mi accompagna.
Buonasera a tutti!L’argomento di stasera è molto interessante. In quanto umani sarà capitato a tutti di sentirsi qualche volta incerti e indecisi. In questo momento particolare della nostra vita ancora di più:ogni giorno leggiamo molte notizie,non sappiamo come sarà il nostro futuro e cosa ci aspetteremo. Vale sempre la pena aspettare e prendere la vita così come è:così imprevedibile e con le sue imperfezioni. Viviamo in una condizione di incertezza che che non offre più certezze specialmente a noi ragazzi come ad esempio l’autonomia economica,la nostra indipendenza e la possibilità di fare progetti per il futuro.
Non posso negare che non sono preoccupata per il mio futuro e per il futuro di tanti ragazzi che hanno molto sogni come è giusto che sia,dal momento che viviamo in un ambiente sempre più inquinato,gente che non rispetta leggi e regole,ognuno di noi dovrebbe fare un minimo per garantire a tutti una vita migliore. Però viviamo e non possiamo controllare tutto è importante anche concentrarsi sul presente e da qui partire per costruire un futuro migliore.
Concludo dicendo che se c’è una cosa sicura nella vita é che non siamo sicuri di nulla o comunque di pochissime cose,però credo che la cosa più importante sia affrontare giorno per giorno con il sorriso senza perdere mai la speranza anche se stiamo sprofondando. Alla fine la vita è fatta di questo:attese,incertezze,soddisfazioni,
gioie.
Un bacione a tutti e buonanotte!
Martina!!
Ciao a tutti!
Anche io mi sento come in un limbo. Aspettare una cosa che non sai quando succederà, è dura perché le scadenze che pure hanno dato non sono per nulla attendibili. Io ho la sensazione che nemmeno chi sta ai piani alti sappia bene che fine faremo.
È un po’ come quando preparo l’impasto della pizza usando un solo grammo di lievito, perché una lievitazione lenta rende la pizza più digeribile. Quindi preparo la farina tipo 1, acqua del rubinetto, olio EVO, sale e zucchero e l’impasto con la mia fedele planetaria. Metto tutto nella ciotola a lievitare, e mi riprometto di andare a guardarla non prima delle 3 ore di lievitazione. Macché il mio pensiero è solo per quella ciotola tutta sigillata che più la guardo e più mi avrà che non si sia gonfiata per nulla. Quindi non so quanto tempo ci vorrà e se poi alla fine sarà buona come mi aspettavo.
Ecco spero di essermi spiegata bene, con un gergo culinario che mi confà molto, avendo una grande passione per la cucina.
Ma nella mia testa spesso passa la voglia di guastare una bella pizza a via Partenope a guardare Castel dell’Ovo. Intanto attendo che mi facciamo uscire dal limbo.
Un abbraccio ♥️
Attesa… Limbo… Sono parole che oggi ho usato spesso parlando con Davide. In questo momento nonostante come ho già evidenziato io e la mia famiglia di origine siamo due poli opposti, mi sento in qualche modo in una bolla, protetta, in attesa che si apra la porta. Però a dispetto del mio ottimismo e della mia pacatezza, odio l’incertezza nel non sapere. Da chi ne sa più di noi ci si aspetta notizie certe e definite. Invece continuo a sentire tanti pareri come se ci trovassimo in un grande salotto.
Vorrei solo sapere cosa devo fare e se la mia vita può ricominciare.
Come Andrea anche io non amo.le attese ed è per questo che ad ogni appuntamento sono sempre puntuale e come da copione puntualmente aspetto.
In genere ho sempre un libro con me e le mie borse sono sempre abbastanza grandi da contenerlo.
Così almeno posso ingannare la mia grande nemica: l’attesa.
Stasera sono anche senza WiFi il nostro gestore ha deciso di fare interventi di qualche tipo. Perciò ironia della sorte mi toccherà attendere ancora.
Meno male che esiste il 4g, non avrei mai pensato di dirlo, ci voleva la quarantena per questo 😂
Ad ogni modo spero di avere tutte le risposte al più presto e che l’incertezza lasci spazio alla certezza di poter finalmente ripartire in tutti i sensi.
Un abbraccio a tutti!
Giulia
Ps: fare l’attore è un lavoro fatto di pause, attese e incertezze, ma ti permette di viaggiare e vivere tante vite… Vale la penso sempre attendere in questo caso 🍀