Il diario di oggi è di Dario, storyeditor di Un Posto al Sole, in questo momento in pausa. Dario, continua a scrivere qui e raccontaci le tue storie. Grazie.
Venerdì 3 Aprile è andata in onda l’ultima puntata di Un Posto al Sole.Da lunedì 6, vengono trasmesse solo repliche fino a quando non sarà possibile riprendere la produzione.
Dal 1996 ad oggi, questa è la prima volta che si verifica un evento del genere… beh, d’altro canto è anche la prima volta che dobbiamo gestire una pandemia.
Per quanto mi riguarda, dal 2001 in poi ho sempre scritto per Un Posto al Sole.
Mi sono occupato anche di altri progetti, certo, ma il mio lavoro principale è sempre stato questo, prima come storyliner e poi come storyeditor, anche perché l’impegno è così totalizzante da lasciare poco spazio ad altre attività.
Dalla puntata 1040 in poi ho partecipato in vario modo all’ideazione e allo sviluppo di circa 3500 episodi per un totale approssimativo dell’equivalente di 700 lungometraggi! Circa 36 film all’anno.
Un lavoro stressante ed esaltante al tempo stesso in cui l’ansia per la consegna tassativa, la consapevolezza di non poterti fermare, di non poter mai dire “vabbè oggi non scrivo, aspetto l’ispirazione”, l’incubo della pagina vuota, e il desiderio di sbattere, a volte, la testa contro il muro, veniva sempre controbilanciato dall’affetto del nostro pubblico.
Il reparto scrittura non lavora già da qualche settimana. Per me lo stop non inizia adesso, come per il pubblico, mi sto confrontando con questa condizione da un po’, insieme con tutti i miei colleghi e… non è per niente facile.
In momenti come questi, ti rendi conto di quanto tutta la tua giornata sia sempre stata profondamente intrecciata al tuo lavoro e ai processi creativi ad esso collegati.
E’ una fase passeggera. Passerà. Ma in certi momenti la sensazione di vuoto è molto forte e persiste accompagnata da un misto di sensazioni che vanno dalla malinconia al senso di impotenza.
Scrivo lo stesso. Scrivo altre cose. Scrivo per me. Scrivo per gli amici.
Ma la dilatazione del tempo che si srotola davanti a me, infinito, privo di una reale consistenza, prende la forma di un enorme sentiero in salita, che si confonde nella nebbia.
La prima fase. Quella in cui monitoravo tutte le informazioni, ventiquattr’ore su ventiquattro, con ansia febbrile, si è lentamente sfilacciata. Non che non sia preoccupato, non che non voglia sapere cosa succede, ma una parte di me ha la sensazione di guardare tutto dal di fuori, a una certa distanza.
Sono fermo. Questa è la sensazione. Una statua umana cristallizzata in una sorta stasi cosmica, scandita dalle minuscole incombenze giornaliere che rendono tutto solo più ripetitivo.
Naturalmente non è sempre così. Ci sono, per fortuna, dei momenti in cui riesco a scrollarmi di dosso questa sensazione e a riappropriarmi della mia vita. Momenti di reattività che vanno preservati, perché sono quelli che mi danno la forza necessaria per combattere la routine. Ma, alla fine della giornata, la sensazione è sempre quella di aver portato a casa un altro pareggio. Un infinito pareggio.
Però, oggi, mi sono improvvisamente reso conto che non metto in moto l’auto da un mese. Devo andare a vedere se la batteria ha retto o se si è scaricata. Ho qualcosa di diverso dal solito da fare!
Solo un paio di mesi fa, dover svolgere questa banale incombenza mi avrebbe scocciato da morire. Oggi costituisce un’esaltante novità.
Alla fine, forse, il trucco sta solo nel mettere le cose in una giusta prospettiva… forse.
E comunque, speriamo che parta…
Non la macchina, quella chissenefrega, intendo tutto il resto. L’Italia, l’economia, il Mondo, la vita…
Ma certo che ripartirà… dobbiamo solo fare tutti la nostra parte e avere fiducia.
Vado a controllare l’auto, ci vediamo dopo…
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